La pace come dovere: prime note in calce alla Critica della ragione bellica
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I vostri primi doveri, primi non per tempo ma per importanza e perché senza intendere quelli non potete compiere se non imperfettamente gli altri, sono verso l’umanità. (…)
Quei che v’insegnano _morale_ , limitando la nozione dei vostri doveri alla famiglia o alla patria, v’insegnano, più o meno ristretto, l’ _egoismo_ , e vi conducono al male per gli altri e per voi medesimi.
**Giuseppe Mazzini,**_**Dei doveri dell’uomo**_
(…) occorre criticare alla radice la ragione bellica e affermare la pace come principio, la quale chiede ad ognuno di assumersi la propria responsabilità per ciò che fa (o non fa) per custodirla e promuoverla (…)
**Tommaso Greco,**_**Critica della ragione bellica**_
Non è semplice sviluppare una riflessione profonda sul tema della pace e della guerra cercando di tenersi alla larga dagli schemi paludati e intrisi di manicheismo che caratterizzano questo periodo storico. Può essere d’ausilio, al riguardo, fare riferimento a un libro di uscita recente e di respiro lungo: _Critica della ragione bellica_. L’autore, Tommaso Greco, ha alle spalle numerosi saggi, alcuni già tradotti in varie lingue: in questa sede menzioniamo solo quelli che tornano utili per i nostri ragionamenti a cominciare da _Curare il mondo con Simone Weil_ e _La legge della fiducia. Alle radici del diritto_ , usciti entrambi per i tipi di Laterza nel 2023 e nel 2021. Per entrare in profondità è però vantaggioso prendere in considerazione altri testi tra cui: _Prima il dovere. Una critica della filosofia dei diritti_ , apparso in _Doveri_ , un volume del 2007 uscito per i tipi della FrancoAngeli editrice e _La bilancia e la croce. Diritto e giustizia in Simone Weil_ , pubblicato a Torino, nel 2006, con Giappichelli Editore. Infine un lavoro importante e non molto conosciuto: _Diritti umani e globalizzazione. Il punto di vista del diritto_ , apparso sul «Pensiero mazziniano», aprile-settembre 2003.
_Critica della ragione bellica_ , straordinariamente coerente con gli studi precedentemente menzionati, rappresenta il punto di approdo logico e una base di partenza solida per un percorso “irrituale” in cui la pace viene declinata non come “scopo finale”, ma come prerequisito, dato “naturale” della condizione umana necessario per tessere le relazioni vitali. Si dibatte subito, in tal modo, la filosofia hobbesiana sulla necessità del Leviatano per controllare una “natura” che ci vorrebbe perennemente in conflitto; in una darwiniana lotta ritenuta dai più vero motore dell’esistenza, attraverso la sopravvivenza del più forte a scapito del debole destinato a soccombere.
L’irruzione della pace intesa come «principio», anziché come, pur prezioso, «valore», sconvolge una visione ben radicata da varie epoche nell’opinione pubblica, abituata a vedere la guerra come una calamità ineluttabile a prescindere dalle cause economiche o dalle lotte di potere che la generano. Pure nella filosofia giurisprudenziale, vengono intaccati impianti teoretici consolidati. Se la pace costituisce le fondamenta, anziché il traguardo, delle relazioni che stanno alla base del diritto va ad esempio rivista la concezione, cara ad Hans Kelsen, del diritto inteso come mera sanzione, perché altrimenti si rischierebbe di emarginare il rapporto fiduciario che deve sempre stabilirsi aprioristicamente fra i soggetti affinché il diritto stesso possa essere applicato.
_La legge della fiducia_ , opera di Tommaso Greco precedente questo libro, annuncia così la _Critica della ragione bellica_ con una forza concettuale di grande potenza, e ben radicata nella storia del pensiero politico, giuridico ed economico. Le origini più solide e antiche di questo filone culturale possono risalire fino alla scuola del repubblicanesimo greco, romano, con i successivi approdi machiavelliani, kantiani, mazziniani. L’innesto su questo filone delle elaborazioni gandhiane e, solo per stare in Italia, delle riflessioni, più recenti, dei vari Aldo Capitini, Giorgio La Pira, Danilo Dolci, Norberto Bobbio e degli estensori del _Manifesto_ di Ventotene ha consentito poi di coniugare da decenni il tema della pace con quello dei diritti umani e dell’associazione fra popoli.
La pace posta come «principio», seguendo il fiume carsico di questa ricca tradizione intellettuale, diventa così un «dovere», anziché un «diritto».
Non si tratta di una tautologia lessicale, ma di un vero cambio paradigmatico che riguarda le categorie del «pacifismo giuridico», ma pure la storia, la sociologia, l’economia. Affermare, argomentando e documentando, la pace come «dovere», o, se preferiamo, come «principio», implica una rappresentazione opposta alla narrazione, preponderante, a cui si accennava in precedenza, che vede il conflitto come dato eterno: una sorta di “legge cosmica” più stabile delle ormai superate concezioni tolemaiche. È a queste tavole sacre che fanno tuttavia riferimento i fautori della pace perseguibile solo preparando la guerra. Oltre che per il già citato Hobbes, la formula _si vis pacem para bellum_ , variamente utilizzata, appare ancora in molte “Bibbie”. Da Tucidide a Vegezio e Cicerone, ha funto da riferimento per quasi tutti i pensatori moderni, fino ad abbracciare fascismi, hitlerismi e totalitarismi novecenteschi: vera colonna sonora del riarmo alla vigilia della Prima e della Seconda Guerra mondiale e durante la cosiddetta Guerra fredda. Mao Tse-Tung, dal canto suo, ha sempre sostenuto che «non si possa abolire la guerra se non mediante la guerra» e che «occorre il fucile» affinché non esistano più fucili.
Alla guerra come destino si è così affiancato il “pacifismo in armi”, fondato sulla deterrenza innescata dal terrore, diffuso da arsenali sempre più potenti e capaci di distruggere l’intero pianeta. Ma una simile dinamica, oltre al pericolo diretto facilmente intuibile, stravolge le economie e gli assetti sociali del pianeta, perpetuando asimmetrie e diseguaglianze insanabili in uno scenario ove incombe sempre la tentazione di infliggere il primo, “decisivo”, colpo al nemico. Insidia che si accresce esponenzialmente in un mondo ove false propagande e informazioni influenzate dagli algoritmi delle cosiddette intelligenze artificiali, alimentano cinici calcoli economici. _Nihil sub sole novum_ : la guerra resta la marinettiana «igiene del mondo», purché la si mantenga localizzata e contribuisca al miglioramento della “razza superiore” di turno.
Kant, col suo progetto, _Per la pace perpetua_ , può essere dunque relegato fra i sognatori ed etichettato, con bonaria ironia, come inguaribile utopista.
Il darvinismo applicato alla teoria politica, esattamente come per secoli è accaduto con le interpretazioni delle Sacre scritture, può tollerare il confronto con l’idea kantiana della pace solo appiccicandole sopra il marchio dell’utopia.
Questa asserzione apocalittica è però rivelatrice di una “nuova” escatologia: la guerra concepita come “scopo”; sovrastruttura ancillare necessaria per le voraci necessità delle eterne dinamiche economiche globali. (Rimandiamo su questo aspetto a precedenti nostri interventi: _La guerra come scopo_ , (https://www.articolo21.org/2025/06/la-guerra-come-scopo/); _Se il capitalismo perde il suo spirito_ (https://www.articolo21.org/2025/08/se-il-capitalismo-perde-il-suo-spirito/).
La postulazione della pace come principio basilare dell’esistenza smaschera pertanto l’essenza (storica) della guerra e la ridimensiona, togliendole il carattere dell’universalità.
Estendendo poi il concetto espresso dal libro di Greco, della pace come «dovere», è forse possibile, riprendendo Mazzini, tornare declinare quali «doveri» anche la libertà e l’uguaglianza. Non diritti da perseguire sotto l’impulso dell’avidità e neppure con altruistico spirito di elevazione, ma stati di partenza indispensabili all’essere umano perché in loro assenza oggi non si può neppure più parlare di umanità. I diritti, i sogni, le aspirazioni sorgono, sacrosanti, da questi stati relazionali di base. Il livello di responsabilità e di educazione personale e collettiva che sottende a tale concezione costituisce il salto di qualità epocale che potrebbe fungere da riferimento per affrontare la difficile transizione in atto. Una svolta rivoluzionaria.
Tommaso Greco, _Critica della ragione bellica_ , Bari-Roma, Laterza, 2025.
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