Se tutto si riducesse al gusto personale sarebbe più semplice e onesto: mi piace, lo consumo, stop.
Invece no: persino il gusto personale deve essere plasmato, corrispondere ai canoni che fanno di te un intenditore o un peones della cucina. Una guerra. E il campo di battaglia è vasto:

identica a quella che vende con il suo marchio. Oppure che se mandassimo a fare una analisi accurata alle paste “senatore Cappelli” scoprimmo che di senatore Cappelli non c’è altro che il nome (il grano si ibrida in pochi anni). ⤵️

Il cibo costoso fa sentire fighi, la bottiglia da 200 euro ci fa entrare in quel club esclusivo che agita il bicchiere senza capire molto.
Eppure conoscendo come è fatta la filiera del grano duro e come è strutturato un pastifico potremmo capire che se un pastaio fa la pasta per lidl farà la pasta⤵️

Ecco.
Diversamente dalla legge, dall’ingegneria o dall’immunologia, nel caso del cibo l’emotività diventa pressante.

Pensateci, come faceva la mamma, come una volta, antico, tradizionale, recupero, ma anche amicizia, piccolo, costoso.⤵️

Il punto diventa che questi dispensatori di felicità sensoriale sono vittime di una pressione costante da parte di un mercato in cui gli attori sono molti e sono alla ricerca continua di grimaldelli emotivi. ⤵️

Vendere
Vendere
Vendere